Con nuovi e diversi approcci sperimentati in vari Paesi, la fine delle sigarette entro il 2030 sembra un obiettivo realistico per alcuni di questi.

Il Regno Unito è stato in prima linea nelle politiche basate sulla riduzione del rischio e da tempo include i dispositivi senza combustione tra le soluzioni disponibili per chi non smette di fumare, minimizzando il rischio di iniziazione per chi non ha mai fumato. Il risultato è una riduzione dei fumatori di sigarette molto superiore che nel territorio europeo, con un calo del 4% dal 2014 al 2020, rispetto al 2% registrato in Europa nello stesso periodo.

Anche la Nuova Zelanda, il cui parlamento ha riconosciuto con una legge del 2020 i prodotti senza combustione come strumento utile per aiutare i fumatori a smettere con le sigarette, mostra come l'utilizzo di sigarette sia diminuito negli anni più rapidamente che nella vicina Australia, che invece ha puntato su politiche più restrittive.

 

In Giappone, dove i prodotti a tabacco riscaldato sono più diffusi, la prevalenza di fumatori sulla popolazione totale è passata dal 32% del 2000 al 21% del 2015, con un ulteriore calo a circa il 16% previsto per il 2025.

 

La Svezia ha quasi raggiunto l'obiettivo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità di ridurre la prevalenza al di sotto del 5% grazie al passaggio di una significativa percentuale di fumatori dalle sigarette alle bustine contenenti nicotina. La Svezia è oggi il Paese europeo con la più bassa percentuale di tumori legati al fumo tra gli adulti.


Tutti questi approcci, seppur diversi, hanno in comune il fatto di aver in qualche modo integrato il principio di riduzione del rischio. Se smettere del tutto con il tabacco e la nicotina per tanti fumatori in Italia non è al momento una strada percorribile, potrebbe essere un’opzione fornire loro valide alternative al fumo tradizionale?

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